Sono stati mesi intensi questi per la vita politica e religiosa dell’isola di Cipro. Oltre alle recenti elezioni politiche, a seguito della morte dell’Arcivescovo di Cipro Chrysostomos II il 7 novembre scorso, il 24 dicembre è stato eletto Giorgio III come nuova massima autorità spirituale dell’isola. Come da tradizione, il processo di selezione della guida spirituale ha previsto la consultazione popolare dei fedeli, avvenuta il 18 dicembre. Una particolare consuetudine religiosa di Cipro prevede infatti che i fedeli siano chiamati ad esprimersi sulla nomina di tutti i metropoliti, compresa quella arcivescovile. Soltanto in un secondo momento il Santo Sinodo può accettare o ribaltare il verdetto popolare, come è avvenuto in questo caso e nel precedente con Chrysostomos II.
I metropoliti candidati al soglio erano sei; una volta terminate le consultazioni, uno dei tre metropoliti che aveva ottenuto più voti poteva essere scelto come nuovo arcivescovo. L’affluenza si è attestata al 30% del corpo elettorale, con circa 130.000 votanti su 548.000. Particolare interessante è che non è stata concessa la possibilità di voto agli immigrati russi giunti di recente sull’isola, ufficialmente a causa delle difficolta tecniche per la compilazione delle liste elettorali, ma secondo alcuni per evitare che il voto propendesse troppo a favore di un candidato maggiormente legato al Patriarcato di Mosca anziché a quello di Costantinopoli. Il processo elettorale aveva concesso il primato dei voti al Metropolita di Limassol Attanasio, uscito con il 30%, seguito dal metropolita di Paphos Giorgio 18%, e da quello di Tamasos Isaia, con il 16%. Il Santo Sinodo, composto da sedici vescovi, ha però ribaltato il risultato eleggendo Giorgio con undici voti contro soli quattro per Attanasio e una scheda bianca.
L’analisi dei diversi profili dei metropoliti Giorgio e Attanasio aiuta in parte a capire le diverse correnti presenti nella vita religiosa ortodossa dell’isola di Cipro.
Il Metropolita Attanasio è cresciuto spiritualmente sul monte Athos in Grecia, il centro spirituale e monastico del mondo ortodosso. Monaco al monastero di Vatopedi, egli fu governatore della montagna sacra per un anno fino a quando a trentanove anni fu investito della carica di Vescovo di Limassol. In questi anni Attanasio ha portato avanti un’idea di rinnovamento della chiesa incentrata sulla vita monastica, ha mostrato perplessità verso le misure anti-Covid e si è dichiarato scettico nei confronti del dialogo ecumenico con la Chiesa cattolica, opponendosi alle visite dei papi Benedetto XVI e Francesco. Emblematiche le sue affermazioni alla viglia dell’arrivo del Papa tedesco quando affermò che non vi era alcun motivo di ricercare l’unità ecclesiastica dal momento che «[i cattolici] devono essere considerati eretici e scismatici […]. L’ impressione è che noi ortodossi stiamo cercando una restaurazione per correggere la fede e l’unità dell’amore, come se avessimo perso la fede corretta e stessimo cercando di scoprirla attraverso i dialoghi teologici con gli eterodossi. Io sostengo che questa teoria è teologicamente inaccettabile per tutti noi». Parole forti ma che devono essere lette in un contesto cristiano-ortodosso dove la discussione tra ecumenici ed anti-ecumenici è sempre stata molto accesa.
Recentemente, Attanasio si è anche opposto alla decisione del precedente Arcivescovo Crisostomo di riconoscere la Chiesa autocefala ucraina. Il tema dell’autocefalia della Chiesa ortodossa ucraina sta accendendo il dibattito in tutta la Chiesa orientale, celando molto spesso motivazioni di carattere geopolitico che, con lo scoppio della guerra russo-ucraina, esasperano ancora di più gli animi. Sebbene non abbia modificato la sua posizione, negli ultimi mesi il Metropolita ha comunque preso atto della decisione del Sinodo di riconoscere la nuova Chiesa. Interpellato su questo tema poco prima delle elezioni, egli si era espresso dicendo «[Questa] è una questione molto delicata e dal momento che le persone stanno soffrendo non è il tempo delle cose ecclesiastiche». D’altronde, l’importanza della sua metropoli non è secondaria. La città di Limassol rappresenta il centro finanziario dell’isola, con una notevole capacità ad attirare in questi ultimi decenni investimenti e capitali esteri, in particolare russi e israeliani, incrementando allo stesso tempo stesso l’importanza dello scalo portuale. Con il tempo, Limassol è andata a sostituire per valore commerciale Famagosta, per secoli il punto di riferimento mercantile di bizantini, latini e veneziani. Nemmeno la crisi dei depositi russi del 2013 ha fermato lo sviluppo della città portuale.
D’altronde, la presenza russa nell’isola è andata aumentando sempre più. A partire dagli anni Novanta del secolo scorso, numerosi lavoratori e ricchi magnati russi si sono trasferiti a Cipro. In tutta l’isola, specialmente nella regione intorno a Limassol, è possibile osservare cartelli e scritte in caratteri cirillici posti accanto a quelli greci. Sotto l’aspetto religioso è possibile ammirare tanto icone e monasteri sia di tradizione russa che greco-bizantina. In generale, le congregazioni culturali e religiose tendono ad essere più vicine a Mosca che a Costantinopoli. Lo stesso Attanasio ha prodotto numerosi volumi di tematiche spirituali che sono stati tradotti in Russia. Per questa ed altre ragioni, diverse voci affermavano che il Cremlino sosteneva con forza la sua elezione.
Al contrario, il nuovo Arcivescovo Giorgio rappresenta l’altra faccia della Chiesa cipriota. Vescovo di Paphos dal 2006, Giorgio è attento alla dialettica tra fede e scienza alla luce delle nuove biotecnologie ed è considerato maggiormente filoccidentale e filoeuropeo, visto anche il suo deciso sostegno al riconoscimento della Chiesa autocefala ucraina e la sua apertura nei confronti del dialogo ecumenico. Auspicato come successore dallo stesso Chrysostomos, Giorgio ha svolto il ruolo di portavoce della Chiesa cipriota nei confronti delle chiese protestanti e della Chiesa cattolica. Allo stesso tempo, egli ha rappresentato la Chiesa cipriota all’interno del mondo ortodosso, ad esempio nel concilio pan-ortodosso di Creta nel 2016, alle diverse conferenze pan-ortodosse e alle celebrazioni della Chiesa russa nel 2013. Questa esperienza politico-ecclesiastica, unita alla sua formazione e all’allineamento con Costantinopoli, ha favorito la sua riuscita elettorale.
Laureato in chimica e successivamente in teologia, Giorgio fu fatto prigioniero e percosso a seguito dell’invasione turca del 1974. Il suo paese originario è Atheniou, un villaggio di cinque mila persone sulla linea verde, circondato per tre lati su quattro da soldati turchi. Nel suo discorso di investitura, ha confermato la condanna dell’occupazione turca del 1974, ricordando le storiche invasioni di Fenici, Persiani, Latini e inglesi. Ha anche dichiarato che la lotta risulta necessaria per non perdere le fede e la patria e ribadito che l’attaccamento ai valori ortodossi ha permesso di salvare la coscienza nazionale cipriota. Ciononostante, egli ha anche sottolineato che per secoli greci e turchi hanno convissuto in pace e che «non siamo disturbati dalla voce del muezzin, ma dall’occupazione illegale, e irritati dalla brutale violazione dei nostri diritti».
Nelle settimane precedenti all’elezione, Giorgio aveva affrontato il tema dei profughi in relazione alla situazione dell’isola e quello del calo della natalità, promettendo di stanziare 100 euro al mese per le madri con almeno tre figli. L’attenzione alla politica demografica è dovuta anche al fatto che in seguito all’invasione del 1974 Ankara ha fatto confluire nell’isola un cospicuo flusso di immigrati provenienti dall’Anatolia interna per accrescere il numero della popolazione turco-musulmana. La Chiesa di Cipro denuncia che numerosi luoghi di culto cristiani sono stati sfregiati e posti sotto sequestro. È sufficiente recarsi nella zona settentrionale per vedere Chiese con crocifissi spezzati utilizzate come stalle, sebbene in questi anni sia stato consentito l’accesso ad alcuni luoghi e il restauro di alcuni siti, come il monastero di Sant’Andrea, nel massimo punto nord-orientale dell’isola.
Certamente l’ortodossia ha un senso profondo del sacro e della vita monastica e questo spiega la presenza di numerosi monasteri e luoghi di culto, che sono ancora oggi molto venerati dalla popolazione. È importante anche ricordare che l’ex-Metropolita di Paphos è il 95° successore di una Chiesa fondata da San Paolo e San Barnaba, come attestato dagli Atti degli Apostoli. Riconosciuta al Concilio di Efeso nel 431 e resa autonoma in quello di Trullo del 692, la Chiesa cipriota è rappresentata da una gerarchia ortodossa che si è sempre presentata come garante del carattere ellenico dell’isola sotto le varie dominazioni. Se sotto il dominio bizantino il cristianesimo ortodosso rappresentava chiaramente la religione principale, con l’arrivo dei Lusignano prima e dei Veneziani poi, la situazione cambiò radicalmente attraverso l’instaurazione del clero cattolico, la progressiva disarticolazione di quello ortodosso e l’importazione del sistema feudale tipico dei regni franchi. Il trattamento di subalternità riservato alla Chiesa ortodossa sotto le passate dominazioni cattoliche è uno dei temi maggiormente utilizzati dagli anti-ecumenici e dai tradizionalisti antioccidentali, spesso vicini a Mosca.
Il passaggio di potere dal dominio veneziano a quello dell’Impero ottomano segnò il recupero della centralità della Chiesa ortodossa e del prestigio e considerazione da parte delle autorità governative. A Cipro, il governo ottomano comprese che per il mantenimento del potere bisognava mantenere buoni rapporti con la Chiesa ortodossa, approfittando del profondo astio che parte di essa provava verso la Chiesa cattolica. Il Sultano concesse al Patriarca di Costantinopoli l’autorità su tutti gli ortodossi dell’isola, con la possibilità di convocare a piacimento i sinodi. Venne ripristinata l’autorità arcivescovile e la sede della Chiesa ortodossa cipriota, riconosciuta come chiesa ufficiale dell’isola, fu posta a Nicosia. All’Arcivescovo fu concessa autorità pari a quella del governatore ottomano. Infatti, tramite il sistema dei millet il Sultano aveva stabilito che a Cipro fosse la Chiesa ortodossa ad avere il potere di riscuotere le tasse sui suoi sudditi. Oltretutto, quando l’Arcivescovo era in disaccordo con il governatore ottomano, il rappresentante della Chiesa ortodossa aveva la possibilità di appellarsi direttamente al Sultano.
Con l’arrivo degli Ottomani giunse sull’isola anche il primo nucleo permanente di popolazione musulmana. Le due comunità convissero in maniera pacifica per secoli. Tuttavia, la situazione cambiò con lo scoppio della guerra d’indipendenza greca iniziata nel 1821, quando numerosi ciprioti partirono per liberare la madrepatria e volantini sovversivi furono fatti circolare per l’isola. Lo stesso Arcivescovo Kiprianos era membro attivo della Filiki Eteria, la più importante tra le società segrete sorte per far ottenere l’indipendenza della Grecia dal dominio ottomano. La diffusione dei volantini anti-ottomani alimentò la furia del Pascià Küçük Mehmet, che reagì facendo uccidere tre vescovi, l’arcivescovo stesso e altre 470 persone.
Nel 1878, in seguito alla guerra russo-turca, l’isola venne ceduta amministrativamente all’Impero britannico, diventando a pieno titolo una colonia inglese dopo lo scoppio del primo conflitto mondiale. Da quel momento, Cipro sarebbe rimasta sotto dominazione britannica fino al 1960.
Nel corso della lotta anticoloniale (1954-1959) ed interetnica (1963-1974), buona parte dei greco-ciprioti si affidarono alla figura ecclesiastica dell’Arcivescovo Makarios come guida politica. Dato il suo ruolo storico, il clero risultava l’unica autorità che potesse offrire dei quadri politici e amministrativi. Simbolo della lotta antibritannica, nel 1960 Makarios divenne il primo presidente di uno Stato osteggiato da entrambe le comunità. La maggior parte dei greci, che costituivano l`80% della popolazione, dopo aver combattuto una guerriglia lunga quattro anni, volevano l’unificazione di Cipro con la Grecia (Enosis), mentre i turchi desideravano la creazione di due Stati separati (Taksim). D’altronde, per mantenere le proprie basi militari sull’isola, i britannici misero le due comunità una contro l’altra, contribuendo a creare uno Stato che, da un punto di vista istituzionale, attraverso il sistema dei veti incrociati, rendeva impossibile il funzionamento della macchina statale.
Dal 1963 al 1974 le tensioni tra le due comunità e all’interno del fronte ellenico furono sempre più accese. Makarios, scettico sulle possibilità di un’unificazione forzata, dovette confrontarsi con l’ala nazionalista guidata dal generale Grivas e con la Giunta dei Colonelli ad Atene, che lo consideravano un intralcio all’Enosis. Oltretutto gli Stati Uniti, nuovi egemoni nel Mediterraneo orientale e arbitri nella contesa cipriota, osteggiavano le sue mosse geopolitiche prese in autonomia. Makarios fu dapprima vittima di un fallito tentativo di estromissione ecclesiastica volto a destituirlo dall’autorità arcivescovile e poi di un vero e proprio golpe militare orchestrato dalla Giunta di Atene per realizzare l’Enosis. A quel punto, Ankara rispose con l’invasione dell’isola, che colse impreparati i comandi ellenici e portò all’occupazione del 33% del territorio cipriota. Tuttavia, il ritorno di Makarios, scampato per poco al golpe, non condusse alla riunificazione. Deceduto nel 1977, Makarios è tutt’ora considerato a Cipro il padre della patria.
Sin dalla morte di Makarios, la Chiesa cipriota, pur non ricoprendo un ruolo prettamente politico, appoggia lo Stato attraverso la propria diplomazia ecclesiastica. Negli scorsi decenni, la Chiesa di Nicosia ha rivisto la propria posizione riguardo l’accusa agli ebrei di aver fatto crocifiggere Gesù Cristo, questione alla base dell’antisemitismo cristiano a partire dalla tarda antichità, cosa che ha sicuramente fatto piacere agli apparati ellenici e israeliani, vista la loro alleanza antiturca. Inoltre, essa ha sviluppato un dialogo religioso con il Vaticano volto anche ad ottenere un appoggio diplomatico che, irritando i sentimenti di Ankara, è risultato nelle visite apostoliche nell’isola da parte degli ultimi due papi.
Ad oggi, la maggioranza della popolazione greco-cipriota vorrebbe una soluzione pacifica del conflitto, pur reclamando il possesso delle proprietà perse nel 1974. In questi giorni poi non sono mancati segnali di solidarietà per la tragedia del terremoto in Turchia. Inoltre, la guerra in Ucraina ha riacceso la tensione nel Mediterraneo orientale, alimentando forti preoccupazioni anche nell’isola di Afrodite. In particolare, la Chiesa cipriota teme che la guerra possa ravvivare anche il conflitto interetnico greco-turco nell’isola. A tal riguardo, Giorgio III ha dichiarato che «siamo in pericolo come non mai a causa della bulimia turca, che non nasconde le sue aspirazioni alla conquista e alla turchizzazione dell’intera isola di Cipro, la Chiesa non può stare sugli spalti come semplice spettatrice […]. Come Chiesa contribuiremo attivamente, concordando con le competenti autorità dello Stato, alla blindatura difensiva di Cipro. Questa è una necessità assoluta. E chiediamo l’attivazione della dottrina difensiva dell’area greco-cipriota. Essa risponderà alla richiesta di sicurezza del nostro popolo, impedirà nuove mosse espansionistiche della Turchia e conserverà e consoliderà l’aspirazione alla libertà. Non siamo guerrafondai. Al contrario. La Chiesa proclama quotidianamente il suo impegno per la pace. Non rifiutiamo il compromesso sul nostro problema nazionale. Tuttavia, non si possono superare certi limiti».
Da questa dichiarazione, così come dal suo ruolo storico, si evince come la Chiesa di Cipro resti un attore fondamentale nella partita strategica nel Mediterraneo orientale.
Giorgio Livas